L’articolo, preparato dal sottoscritto, appena pubblicato su Diabetes Metabolism Research and Reviews di elevato Impact Factor, ha avuto lo scopo di fare il punto della situazione attuale sui nuovi orizzonti per la terapia cellulare e molecolare del diabete mellito di tipo 1 (T1D).
Nel testo, vengono passati in rassegna gli avanzamenti e le problematiche tuttora pendenti per garantire il pieno successo clinico delle nuove strategie. L’anno corrente è stato ricco di nuove idee e protocolli clinici pilota del tutto innovativi, che hanno impiegato sofisticate tecnologie, con un notevole affinamento delle prospettive per la cura finale del T1D.
Esiste una un nuovo armamentario di cellule in grado di produrre insulina e sostituire le Beta-cellule originali del pancreas endocrino distrutte dall’attacco autoimmunitario, proprio della malattia diabetica di tipo 1. Le insule pancreatiche di cadavere rappresentano ad oggi la sorgente più sicura di cellule funzionali, in senso insulino-secernente, ed il loro trapianto, nei Centri di maggiore competenza ed esperienza internazionali, si accompagna riproducibilmente a successo clinico.
Tuttavia i pancreas di donatori sani sono sempre pochi rispetto alle effettive necessità, riducendo significativamente i potenziali beneficiari di questo approccio, oltre al fatto che ancora oggi, è necessario sottoporre i pazienti con T1D trapiantati con insule pancreatiche a terapia immunosoppressiva per tutta la vita. E’ ben noto che tale terapia farmacologica si associa spesso ad effetti collaterali anche molto seri.
Le cellule staminali umane, derivate dai primi stadi dello sviluppo embrionale (cellule della massa cellulare interna della blastocisti) sono pluripotenti, e quindi in grado di dare origine a tutte le cellule ed i tessuti dell’organismo umano. Tuttavia il loro impiego è ristretto, per motivi etici, a pochi Paesi (come USA, Israele ecc).
I primi studi clinici della Vertex Inc di Boston (USA) hanno dimostrato che il trapianto di queste cellule embrionali, una volta raggiunto lo stato maturativo ideale, può portare al controllo della malattia diabetica, nei casi finora eseguiti. Dopo quasi un anno, gli ancora pochi pazienti trattati hanno potuto sospendere la terapia insulinica, anche se sono stati comunque sottoposti ad immunosoppressione farmacologica generalizzata onde evitare il rigetto immunitario.
In effetti, i tempi di differenziazione di queste cellule sono molto lunghi (quasi un anno solare) e richiedono tecnologie estremamente costose, il che al momento restringesensibilmente l’applicabilità clinica di questo prodotto a pochi e selezionati casi. Più attraente sarebbe l’impiego di cellule differenziate adulte umane (es. fibroblasti della pelle, cellule del sangue ecc.), per le quali ovviamente non esistono vincoli etici, che vengono fatte tornare ad uno stadio di pluripotenza (funzionalmente simile a quello delle cellule embrionali) mediante procedimenti di ingegneria genetica.
Le cellule, riportate indietro allo stadio pluripotente, saranno poi differenziate verso la filiera cellulare che produce insulina, e quindi impiegate per il trapianto nel T1D. Il risultato di queste tecnologie è eccellente dal punto di vista scientifico: si consideri che partendo da una cellula del sangue matura come il monocito, è possibile ottenere una cellula che sintetizza e rilascia insulina. Vengono tuttavia impiegate tecniche di ingegneria genetica molto sofisticate, che potrebbero dare origine anche a cellule indesiderate, il cui controllo è avanzato, ma non totale.
Un modo per evitare la manipolazione genetica, ottenendo lo stesso risultato, è stato messo a punto in Cina e riguarda l’impiego di molecole chimiche di piccole dimensioni (“small molecules”) che sono in grado di de-differenziare una cellula adulta fino allo stadio di pluripotenza, per poi portarla, dopo re-differenziazione “ad hoc” a produrre insulina. Con questo metodo il primo paziente con T1D trapiantato, ha mostrato la completa normalizzazione della glicemia e sospeso la terapia insulinica, sempre comunque sotto immunosoppressione farmacologica generalizzata.
Il problema della protezione dei nuovi elementi cellulari insulinosecernenti dalla risposta immunitaria di rigetto appare quindi particolarmente importante, nel contesto generale dell’impiego delle nuove cellule staminali per il T1D.
Recentissimi studi si stanno indirizzando a come rendere le cellule trapiantate, a partire dalle insule umane, immuno-invisibili e cioè non riconoscibili dal sistema immunitario dell’ospite. Un primo risultato comunicato pochi mesi fa, indica che le insule trapiantate nei muscoli dell’avambraccio in un paziente con T1D, senza immunosoppressione farmacologica, erano intatte e vitali, ed in grado di produrre insulina, quindi non rigettate, a distanza di sei mesi dall’intervento.
Non sono noti i dettagli tecnici del protocollo clinico, ma certamente coinvolgono il “silenziamento” dei geni che rendono riconoscibili gli antigeni insulari poi responsabili della reazione di rigetto. Molti sono gli studi sulle nuove tecnologie di “immune evasiveness” in grado di rendere le cellule invisibili al sistema immunitario, ed a breve potrebbero essere disponibili nuovi risultati.
L’immunoprotezione delle cellulepotrebbe inoltre essere garantita da tecniche di microincapsulamento che possono proteggere, fisicamente, le cellule inglobate dalla reazione di rigetto immunitario. Il nostro Laboratorio ha eseguito i primi studi clinici nel mondo di trapianto di insule umane microincapsulate in alginato di sodio/poliornitina, polimeri molto biocompatibili, in pazienti con T1D senza immunosoppressione farmacologica. Sono in corso inoltre studi sperimentali in cui le cellule sono immunoprotette in dispositivi macro-capsulari, preparati con le nuove tecnologie di biostampa3D (Bio stampante Cerberus attiva nel nostro Laboratorio grazie al contributo di AILD).
Tra le cellule staminali umane adulte, e quindi non soggette a vincoli etici, vanno annoverate le cellule mesenchimali, estraibili da vari tessuti (es. midollo osseo, tessuto adiposo, cordone ombelicale). Tale cellule sono più complesse, rispetto alle embrionali sia originali che indotte alla pluripotenza sopra menzionate, nel senso della loro potenziale trasformazione in cellule Beta-simili pancreatiche, in grado di produrre insulina.
Gli studi in tal senso sono in corso di avanzamento attuale. Tuttavia le mesenchimali, a differenza delle altre, possiedono potenti capacità immuno-regolatorie, cioè sono in grado di contrastare la risposta immunitaria. Il nostro Laboratorio le ha impiegate con successo in studi pre-clinici dove tali cellule sono state in grado di arrestare i processi auto-immunitari che portano alla distruzione delle cellule beta-insulari pancreatiche e quindi prevenire il T1D nell’unico modello animale esistente in natura di T1D, il topo NOD che sviluppa una forma di T1D identica a quella dell’uomo. Inoltre le mesenchimali hanno dimostrato di proteggere l’attacco immunitario nei confronti di altre cellule trapiantate per il diabete.
In altri termini si configura un ruolo “ancillare” per le mesenchimali, ovvero di immuno-protezione di altre cellule (tipo le pluripotenti) insulino-secernenti trapiantate, senza fare ricorso all’immunosoppressione farmacologica generalizzata. Lo stesso ruolo potrebbe essere ricoperto dalle Car-Treg, ovvero cellule “chimeriche” linfocitarie, in grado di mascherare gli antigeni cellulari e quindi indurre uno stato di immuno-tolleranza nei confronti dei trapianti cellulari.
In sintesi, l’articolo passa in rassegna le tecnologie più avanzate al Luglio 2025 per la terapia cellulare e molecolare del T1D. In questa era super-tecnologica il progresso della ricerca è davvero impressionante, e vedremo se nel prossimo futuro, essa riuscirà a sciogliere alcuni dei nodi ancora presenti, e vincere le sfide che si attualmente oppongono al pieno successo clinico di queste strategie.